La censura: tra espressione artistica e rispetto

L’arte e il fascismo

Durante il ventennio fascista, ci fu uno stretto controllo di tutti i mezzi di comunicazione compresa, ovviamente, la produzione artistica. Qui s’inserisce il concetto di censura: tutte quelle opere che non erano conformi ai gusti della politica del tempo, dovevano essere oscurate. Era importante infatti che l’arte comunicasse i valori del regime, diventando così un forte strumento di propaganda. Mussolini cercava di coinvolgere nel suo programma politico intellettuali ed artisti, istituendo ad esempio, premi ed esposizioni come la Quadriennale di Roma o la Biennale di Venezia, dove gli artisti ebbero l’opportunità di farsi conoscere a livello internazionale.

Il caso Sironi

Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885 da padre comasco e madre fiorentina. La sua formazione artistica avviene a Roma, dove lavora a stretto contatto con i futuristi. Fin dal 1919, aderisce al programma politico fascista, un fatto che sarà determinante per la sua produzione artistica. Pensava che questo nuovo regime potesse ridare all’arte un momento di splendore. In linea con il pensiero di Mussolini, Sironi credeva anche nell’importanza dell’arte come strumento didattico: dedicò gran parte della sua vita alla creazione di un nuovo stile, “l’arte fascista”, appunto. Realizzò numerosissime opere come vignette, affreschi, dipinti, che passarono alla storia come le più rappresentative di questa epoca. Tra queste va sicuramente menzionato il grande affresco nell’Aula Magna della Università di Roma La Sapienza, “L’Italia fra le Arti e le Scienze” (1935), opera a lungo discussa per la sua simbologia. Caduto il fascismo, negli anni ’50 iniziò un processo di “defascistizzazione”, ovvero eliminare tutta l’eredità che il regime aveva lasciato. A causa di ciò, Sironi fu vittima di questo periodo di epurazione. Quello che non andava più bene del suo murale, era la presenza di elementi che rimandavano direttamente all’ideologia fascista: un’aquila imperiale, la sagoma di un fascio littorio, il profilo del duce equestre riportato su un arco trionfale, la scritta con la data “XIV” (quattordicesimo anno dell’era fascista), i lineamenti della Vittoria alata, considerati troppo futuristi. Anche i colori furono alterati, per smorzare il tono monumentale della composizione.

Un dibattito ancora in corso

La censura ha radici molto lontane nel tempo, si può dire sia sempre esistita. Ingenuamente si potrebbe pensare che caduto il fascismo, ci fosse di conseguenza una maggiore libertà di pensiero – ingenuamente, appunto. Perché il “caso Sironi” ha proprio messo in luce questo, che una volta caduto il regime, la censura continuò ad esistere. Una quesitone che ha diviso l’opinione pubblica: da una parte, chi pensa che sia giusto sopprimere qualsiasi riferimento al fascismo, dall’altra chi pensa che l’arte sia libera, non debba essere in nessun modo oscurata. Di fronte queste diverse posizioni, l’interrogativo a cui ognuno dovrebbe rispondere è: qual è il confine tra espressione artistica e rispetto per i valori? Dove finisce uno e dove inizia l’altro?