Intervista a Majlinda Kelmendi

In occasione della mostra CO-ESISTENZA, tenutasi al MLAC tra il 16 e il 30 gennaio, siamo riuscite a intervistare l’artista e a farci raccontare qualcosa di lei.

Nata nel 1966 a Tirana, Majlinda Kelmendi si è avvicinata all’arte grazie a un profondo spirito di osservazione e a uno studio continuo di ciò che la circonda.
L’aver esposto opere in molte parti del mondo ha messo l’artista nella condizione di venire a conoscenza di realtà anche notevolmente diverse dalla sua. Questo ricorrente confronto, accolto con una vivace curiosità, l’ha spinta a cogliere le profonde sfumature che distinguono ognuno, rendendolo unico. Ciò le ha permesso di acquisire una più forte consapevolezza della sua identità e del proprio punto di partenza, nonché, allo stesso tempo, di appassionarsi alla Storia e ai fenomeni mondiali, considerati prestando una particolare attenzione alle loro cause e conseguenze. Simili interessi l’hanno spinta a trasformare le sue conoscenze in arte, traducendo gli stimoli ricevuti in simboli visivi. Costante è il riferimento alla MEMORIA COLLETTIVA, elemento chiave anche della mostra. Majlinda Kelmendi definisce la memoria collettiva come un bagaglio comune che tutti condividiamo. Allo stesso tempo vi riconosce il più potente veicolo di emozioni e dunque il principale strumento cui l’artista deve attingere per trovare un significato alla propria opera. La convinzione di Kelmendi è che riferirsi alla memoria collettiva permetta di raccontare storie interpersonali indirizzate anche, e soprattutto, alle future generazioni, costituendo così le fondamenta universali per il vivere insieme. È proprio questa l’essenza della mostra Co-Esistenza: la volontà di promuovere una COABITAZIONE di pensieri, culture, esperienze, spazi integrati. Le opere esposte sembrano riferirsi a un microcosmo naturale e inorganico, ma sono in realtà rappresentazioni delle relazioni umane, partendo dalle loro origini, e arrivando ai modi con cui esse si bilanciano, raggiungendo un equilibrio, e, appunto, arrivando a coesistere. La scelta di dipingere su lunghe tele ambisce proprio a restituire visivamente e simbolicamente il flusso continuo delle relazioni umane.

Per Majlinda Kelmendi l’artista è come un soldato al servizio della società, la cui missione è capirne i problemi e le preoccupazioni, per poi offrirne reazioni possibili. Questo attaccamento al mondo contemporaneo la porta ad esplorare ogni medium a disposizione, approdando anche al multimediale. Ovviamente le tematiche da lei trattate sono particolarmente rilevanti se riferite alla realtà del Kosovo, paese che l’artista conosce molto bene, insegnando nella sua capitale Pristina.

D’altraparte l’importanza dell’identità personale legata indissolubilmente alla consapevolezza delle differenze e al confronto è fondamentale nei Balcani come nel resto della nostra società globalizzata.